EUGENIO MONTALE (1896-1981)
Nasce a Genova come sesto figlio di una famiglia borghese, il cui padre era titolare di una ditta di importazione di prodotti chimici(tra i clienti i Veneziani di Italo Svevo). Si diploma come ragioniere e si arruola nell'esercito all'età di 21 anni. Viene inviato al fronte in Trentino e sul finire della guerra è al comando di un campo di prigionia a Lanzo Torinese. Tra il 1922-23 frequenta nella villa di Monterosso durante le vacanze estive Anna degli Uberti, che canterà poi nelle poesie come Annetta-Arletta.
Nel 1922 esordisce come poeta su Primo tempo ed entra così in contatto con il gruppo Gobettiano torinese, i quali prendono posizioni contrarie alle esperienze di avanguardia.
Nel 1925 esce la prima raccolta Ossi di Seppia, firma il manifesto antifascista e scrive l'Omaggio a Svevo pubblicandolo sul'Esame.
Nel 1927 si trasferisce a Firenze per lavorare come redattore presso la casa editrice Bemporad; nel 1929 viene a sostituire Bonaventura alla direzione del gabinetto letterario Vieusseux, dove nel 1938 verrà dispensato dall'incarico poiché antifascista.
Nel 1933 incontra la giovane studente americana Irma Brandeis, progettando di seguirla negli Stati Uniti. Nel 1939 esce Le Occasioni presso Einaudi e nel contempo avvia un'intensa attività di traduttore.
Dal 1939 in poi vive con Drusilla Tanzi, che diverrà sua moglie solo nel 1962 e cantata poi nelle poesie come Mosca. Presso Neri Pozza esce nel 1956 La Bufera ed altro. Dal 1948 inizia la definitiva attività di redattore presso il Corriere della Sera a Milano. Nel 1967 viene nominato senatore a vita e nel 1971 Mondadori riunisce in unico volume Tutte le Poesie, mentre nel 1975 vince il premio Nobel per la letteratura, pronunciando il discorso "E' ancora possibile la poesia?"
OSSI DI SEPPIA
E' diviso in quattro sezioni. 1) Movimenti; 2)Ossi di seppia; 3)Mediterraneo; 4) Meriggi e ombre.
E' molto presente l'influenza pessimistica di Schopenhauer, mentre il titolo è denso di significato. Allude infatti ai residui calcarei dei molluschi che si depositano sulla riva. Inducono ad una vita impoverita e prosciugata, una poesia scarna ed arida.
Il paesaggio descritto è quello del nucleo familiare, brullo e dissestato dall'aria salmastra e dal sole implacabile. Oggetto carico di significato è il muro, impossibile da valicare in cui l'uomo si illude di muovere, ma che in realtà è immobile. Non lo può superare per raggiungere la pienezza vitale.L'uomo si frantuma, non ha più integrità e l'infanzia diventa un rimpianto. L'aridità esteriore è anche aridità interiore, l'impossibilità di vivere momenti intensi.
L'Indifferenza è la soluzione al male di vivere, per Montale la poesia non riesce più a trasmettere messaggi positivi.
"Ossi di seppia" è una poetica degli oggetti: essi vengono citati nelle poesie per descrivere appieno il sentimento del poeta. Comincia ad apparire il correlativo oggettivo di Eliot. Gli oggetti di cui parla sono umili e dimessi, infatti ne " I limoni" dichiara di non amare la poesia aulica, ma predilige le realtà povere e impoetiche.
Non chiederci la parola
1° quartina: il poeta si rivolge ad un interlocutore immaginario che è il lettore. Qui Montale esprime che la poesia non è in grado di portare ordine al caos interiore dell'uomo. Il concetto è astratto ma viene materializzato in un "animo informe" e "lettere di fuoco" e infine nell'immagine del croco, simbolo della luce.
2° quartina: è un invidia verso coloro che hanno solo certezze, ma non si rendono conto del lato negativo della vita. Ombra è correlativo oggettivo della negatività della vita e dell'indecifrabilità della realtà. La luce del sole vale solo a mettere in evidenza gli aspetti negativi, cioè l'ombra e la prigionia dentro lo scalcinato muro.
3° quartina: collegata con la prima quartina grazie al "non chiederci la parola" Montale dice che la formula poetica non è più una formula magica che ci introduce all'essenza dell'assoluto, ma viene ridotta a qualche storta sillaba che esprime con estrema lucidità la condizione di un esistenza priva di certezze. La poesia non è più in grado di proporre messaggi positivi, ma può solo definire una condizione negativa.
Meriggiare pallido e assorto
Il paesaggio descritto è quello ligure, scarno ed arido presentato attraverso l'allitterazione di "c" ed "r". La prima strofa rimanda al riposo nell'ora più calda ascoltando tra i rovi (selva spettrale di Dante 13° canto) i canti dei merli, mentre la seconda descrive file di formiche che si rompono ed intrecciano su dei cumuli di terra (covoni).
Nella terza strofa pure l'acqua è ridotta ad una consistenza solida ed arida, mentre dalle alture brulle prive di vegetazione si innalzano i rumori secchi delle cicale.
Nell'ultima strofa è accennato il movimento, che porta l'uomo ad essere accecato dal sole com'è tutta la sua vita: un travaglio. Le ultime due rime fanno ben capire la staticità e impassibilità di superare il muro da parte dell'uomo, poiché alle sue sommità presenta cocci aguzzi. Essi rappresentano a pieno l'impossibilità di attingere ad una verità assoluta che porta l'uomo alla desolazione.
Spesso il male di vivere ho incontrato
Il testo è un chiaro esempio dell'uso del correlativo oggettivo montaliano. Il primo verso introduce un movimento che va dall'astratto al concreto, il male di vivere è infatti identificato direttamente con cose che lo rappresentano, emblemi di sofferenza e dolore: il rivo strozzato, la foglia incartocciata e il cavallo stramazzato. Il malessere esistenziale viene messo in opposizione ad aspetti comuni della natura come quello assunto dalla divinità impassibile di fronte alla miseria del mondo. Ai tre emblemi del male si contrappongono tre correlativi oggettivi del bene: la statua, la nuvola e il falco.
Cigola la carrucola del pozzo
Nel testo compare uno dei temi prediletti da Montale: quello della memoria, crudele e dolorosa perché non permette di dar vita al ricordo di cose o persone care. La speranza di recuperare il passato per attingervi consolazione e conforto, è inutile ed è data dall'immagine della carrucola che sale per far riaffiorare il ricordo e scende per porvi definitivamente fine. Cigola al verso 1 è sia rumore stridente ed acuto che allusione alla difficoltà di ricordare. Lo stesso suono è ripreso in grado molto più alto al verso 8 con stride, quando la ruota getta giù il secchio. La risalita sembra promettere gioia e liberazione, ma è tutta un illusione, che attraverso il "trema fa riaffiorare" il ricordo nell'acqua con l'immagine di un volto. Il verso 5 è un verso cerniera che porta ad una netta mutazione della prospettiva della realtà nei versi successivi. L'autore è incapace di ricostruire una perduta identità.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro
La poesia descrive un epifania negativa, ovvero una manifestazione del nulla, dell'assurdo di esistere. L'aridità è il correlativo oggettivo della condizione esistenziale. Questa rivelazione avviene all'improvviso, come un miracolo. Il poeta ha una reazione vertiginosa, prova terrore come chi ha perso i punti di riferimento consueti. Subito dopo tornano ad esserci gli oggetti consueti della realtà (illusoria) proiettati come su uno schermo.
Quell'attimo è bastato però al poeta di non tornare alla condizione abituale ingannevole, egli porta quindi con sé un segreto che però non svela agli altri uomini perché non sono in grado di porsi grandi problemi e pensano di avere solo certezze (come "l'uomo che se ne va sicuro" di non chiederci la parola).
Figure femminili in Montale
Come Dante nella Vita nuova cantava il suo amore idealizzato per Beatrice, la donna angelo che lo accompagna a Dio e alla salvezza, Montale riprende tale modello attraverso le tre donne conosciute durante la sua vita, in prospettiva laica. Clizia: Irma Brandeis; Volpe: anti Beatrice Maria Luisa Spaziani; Mosca: Drusilla Tanzi, donna angelo domestica e familiare
LE OCCASIONI
Esce nel 1939 presso Einaudi di Torino. Il libro allude a poesie collegate ad esperienze reali dell'autore, ma è in realtà un legame implicito. Qui la poetica degli oggetti ripresa da Eliot viene portata all'estremo, tanto che cogliere il significato degli oggetti risulta difficoltoso. Ne le occasioni lo stile è nettamente innalzato rispetto ad Ossi di Seppia e la poesia si fa ardua, densa e concentrata.
Non recidere forbice quel volto
Forbice è lo scorrere del tempo che tagli i ricordi, come il volto della donna amata Clizia. In quanto l'autore è riuscito a sfollare (cancellare) tutte le persone e far rimanere lei nel ricordo, il suo viso appare grande tanto da occupare tutta la memoria, ma la nebbia sfuma e cancella i ricordi. Il freddo è sia quello della stagione che il freddo della lama che taglia la cima dell'albero(il ricordo). Il guscio di cicala sono i ricordi felici che svaniscono, mentre la Belletta è la fanghiglia autunnale, termine usato anche da Dante e D'Annunzio.
La casa dei Doganieri
La poesia si basa sul tema del ricordo e della memoria. Il poeta si rivolge all'immagine di una fanciulla morta che riemerge dal passato, Arletta conosciuta alla casa di Monterosso. La casa dei doganieri è quella della guardia costiera, in cui entrano i ricordi della donna come uno sciame, segno di irrequietezza e angoscia. Libeccio è il vento che porta tempesta e soffia da sud-ovest, immagine che accentua la desolazione della casa abbandonata. Il riso non è più lieto, perché la donna è morta e rimane solo un rimpianto.
Le due immagini dei dadi e dell'ago della bussola sono simbolo che ormai non è più possibile orientarsi con l'esistenza che è dominata dal caso.
Un filo s'addipana è il filo della memoria che si avvolge su sé stesso e che il poeta tiene ancora in mano un capo, mentre l'altro, quello della donna è libero, perché è morta. S'allontana la casa, poiché il ricordo è sempre più irraggiungibile.
L'immagine della bandieruola è simbolo anch'essa del disorientamento, segno che la vita sembra stia andando avanti, invece rimane sempre ferma. La luce della petroliera che continua ad allontanarsi è il varco, cioè la possibilità di evadere dalla prigionia dell'esistenza, trovare una salvezza nel perpetuarsi eguale della vita.
"Ripullula il frangente" è come l'immagine della bandiera, la vita che sembra in movimento invece è statica: il varco è irraggiungibile. Non si sa chi veramente muore o chi va, o chi rimane nell'inganno della vita.